L’ottimizzazione dei costi del personale tramite una corretta analisi delle competenze
Nelle nostre esperienze consulenziali spesso incontriamo manager che iniziano la loro giornata lavorativa pensando a come ridurre i costi di esercizio. Uno dei nostri suggerimenti è quello di puntare ad una ottimizzazione dei costi, analizzando accuratamente il corretto bilanciamento delle competenze delle risorse umane.
Riduzione o ottimizzazione?
Le risorse umane sono un bene intangibile e in molti casi è difficile calcolare esattamente quanti e quali siano i costi delle inefficienze organizzative, soprattutto per il personale afferente a funzioni non coinvolte direttamente nel processo produttivo. In realtà i maggiori costi che un'azienda sostiene sono spesso i mancati guadagni per clienti persi o non curati al meglio o le opportunità non colte al momento giusto (ad esempio perché il nostro direttore commerciale è impegnato a realizzare prolissi report o complessi fogli excel per elaborare il budget, invece di essere sul campo in affiancamento ai propri uomini per motivarli e supportarli). Entrando nel calcolo del costo della non qualità, che per la sua natura stessa è un aspetto aleatorio, si tende a trascurarlo e concentrarsi su aspetti più tangibili.
Purtroppo i costi non potranno mai essere ridotti oltre un certo limite e nello sforzo di ottimizzarli al massimo si rischia di tagliare degli investimenti fondamentali per la sopravvivenza futura della nostra azienda quali: la ricerca e sviluppo, le ricerche di mercato, le attività di marketing, la formazione e la motivazione delle risorse umane.
Non presenteremo complessi calcoli, ci aspettiamo che dopo avere letto questo articolo li facciate da soli, vogliamo solo evidenziare come nelle aziende si arrivi talvolta ad uno sbilanciamento delle competenze personali e come questo potrebbe essere risolto; nel nostro modello, la riduzione dei costi è una conseguenza diretta di una corretta gestione delle risorse umane. Sono le persone che creano, gestiscono e migliorano i processi, i prodotti e i servizi che l’azienda commercializza, quindi qualunque ottimizzazione, compresa quella economica, passa attraverso l’ottimizzazione delle risorse umane.
Il bilanciamento delle competenze
Nell’attuale mercato del lavoro ricorre spessissimo il concetto di competenza. Nelle aziende vengono assegnati i ruoli, le promozioni, gli incentivi e via dicendo in base alle competenze. Durante un colloquio di lavoro il selezionatore verificherà, o almeno questo è il suo intento, le competenze del candidato. Tutto ciò è corretto, ma negli ultimi 10-15 anni abbiamo assistito ad una scorretta attribuzione delle competenze che una persona dovrebbe avere per ottenere successo in campo professionale. Tale errore è commesso perché si tende a seguire la strada più facile, mentre, come sanno tutti coloro che hanno raggiunto un certo successo professionale, la strada per il successo è ripida e irta di ostacoli. Difficilmente la strada più lineare, quella che può essere seguita agevolmente da chiunque, sarà quella che porterà al successo. Con successo intendiamo l’aver raggiunto una posizione professionale, sociale ed economica riservata a poche persone; minore è il numero di coloro che l’hanno raggiunta, maggiore sarà il successo ottenuto. È vero, il successo è una questione personale, non tutti hanno grandi ambizioni ed è giusto che sia così. Ma dal momento che nel mondo del business abbiamo bisogno di parametri per misurare l’andamento della nostra attività e delle nostre risorse umane, dobbiamo stabilire dei parametri che siano oggettivi. Per fare questo prendiamo in prestito un concetto fondamentale di qualunque attività sportiva: in ogni disciplina esiste un podio con un primo, secondo e terzo classificato, dopo di che abbiamo la lista di tutte le posizioni fino all’ultima. La cosa difficile da fare in azienda è identificare correttamente ed equamente i parametri per misurare le prestazioni dei nostri collaboratori, anche perché il lavoro è una necessità e un diritto per chiunque mentre non lo è partecipare a una maratona. Stabilire le performance di un’azienda è abbastanza facile: si osserva come è posizionata nel mercato, quanto fattura, quanti sono gli utili… ci sono tantissimi indici economici e finanziari che possiamo valutare.
A questo punto dovremmo porci una domanda: come mai due aziende con prodotti simili che operano nello stesso mercato di riferimento potrebbero avere dei risultati notevolmente diversi? L’unica risposta possibile, se scartiamo la fortuna, è la qualità delle proprie risorse umane. La qualità delle risorse umane di un’azienda è data dalla somma delle competenze di ogni singolo individuo che opera all’interno del gruppo.
In questo capitolo vogliamo introdurre la valutazione della qualità delle risorse umane aziendali, argomento complesso ma che dobbiamo affrontare se vogliamo migliorare l’andamento della nostra attività. Una corretta gestione delle risorse umane passa attraverso 6 step:
- selezione: ogni azienda deve avere un modello ad hoc;ci sono dei principi universali su coome devono essere organizzate e condotte le attività di selezione, ma esse devono essere adeguate alle esigenze di ogni singola azienda;
- inserimento: è la fase più trascurata, spesso quando abbiamo trovato quello che riteniamo essere il candidato ideale ci aspettiamo che possa integrarsi molto in fretta nell’ambiente, ma non sempre è così;
- gestione: è il core business della funzione risorse umane, comprende la pianificazione delle attività aziendali, degli obiettivi, l’analisi dei risultati, la motivazione, la formazione on the job;
- correzione professionale: talvolta le persone hanno bisogno di una formazione più mirata e approfondita da fare fuori dall’ambiente di lavoro; dal momento che questo passaggio è costoso, è spesso trascurato. Il problema è che i costi derivanti dalla mancata correzione di solito sono molto superiori all’investimento che avremmo dovuto fare per un corretto programma di formazione;
- correzione personale: in alcuni casi scopriremo, con nostra grande frustrazione, che nonostante gli sforzi, alcune persone non hanno modificato il proprio comportamento; è qui che si passa alla gestione delle idee autolimitanti. Un’idea autolimitante è una decisione che abbiamo preso in seguito ad una situazione negativa che abbiamo vissuto e in base a questa abbiamo deciso come affrontare il futuro. Anche supportandolo su aspetti personali, il nostro collaboratore potrebbe quindi non essere disposto a cambiare il suo approccio lavorativo e potrebbe essere il caso di pensare a come riposizionarlo;
- riposizionamento: la prima attività è quella di collocare la persona in un’altra posizione del nostro organigramma, affidandogli mansioni più in linea con le sue attitudini. Qualora non ottenessimo i risultati previsti, dopo vari tentativi di riposizionamento, dobbiamo rassegnarci al fatto che la persona non sia una risorsa per la nostra azienda.
Un altro aspetto fondamentale per una corretta gestione delle risorse umane è comprendere che le competenze di una persona sono composte di due aspetti fondamentali: competenze tecniche e competenze personali (hard skills e soft skills). L’errore è dato proprio dal non conoscere, non dare importanza o non saper come gestire o bilanciare correttamente questo equilibrio.
Oggigiorno il possesso di adeguate competenze tecniche è il requisito minimo per essere sul mercato, ma non è più garanzia di successo come lo era un tempo. Occorre fare un’analisi delle competenze indispensabili per poter ricoprire uno specifico ruolo: il titolare di uno studio di progettazione non può far fare i calcoli strutturali per la costruzione di un ponte o di un palazzo a qualcuno che non sia un ingegnere, ma che abbia solo delle grandi doti relazionali e di leadership. Al contrario, se avesse bisogno d’inserire un team leader, dovrà preferire proprio una persona che abbia delle grandi doti relazionali, motivazionali e comunicative, sebbene le sue conoscenze tecniche siano non eccelse.
In realtà tutte le aziende dovrebbero implementare dei programmi formativi per migliorare le competenze tecniche e relazionali del proprio organico, tenendo presente che sarà più facile ottenere ottimi risultati in ambiti tecnici rispetto agli ambiti comportamentali.
Per intraprendere la tortuosa strada dello sviluppo delle soft skills del proprio staff, proponiamo un percorso secondo noi molto utile:
- ripensare i criteri di selezione per la prossima occasione in cui si dovranno inserire delle nuove risorse;
- attuare dei colloqui con tutto l’organico per comprendere quali siano le difficoltà personali che si incontrano sul lavoro;
- capire quali sono i punti di vista personali che sono alla base delle resistenze interne al cambiamento;
- verificare la disponibilità e la volontà di partecipare al progetto aziendale;
- stabilire e realizzare un programma di formazione adeguato che comprenda un periodo sufficiente di affiancamento sui vari argomenti trattati;
- verificare l’allineamento dei risultati ottenuti con quelli previsti;
- correggere gli scostamenti ripartendo dall’analisi dei punti di vista personali.
Come è facile intuire, questo processo è più difficile da realizzare rispetto a un programma tecnico, perché entrano in gioco variabili personali, gli individui potrebbero non essere disposti a cambiare certi punti di vista e certe abitudini. Questo è il nostro lavoro, un lavoro che richiede tempo, volontà e dedizione, ma i risultati organizzativi e produttivi che si otterranno grazie ad una migliore gestione delle risorse umane ripagheranno ampiamente tutti gli investimenti effettuati per la formazione.
di Alessandro Masini
World Wide Engenial
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